Relazione Cafiero
IL GARANTE DEI DETENUTI E DELLE PERSONE PRIVATE DELLA LIBERTA’ PERSONALE
Il garante dei detenuti e la possibile disciplina dell’istituto: il parere dell’avvocato e del volontario
Di Marco Cafiero
Avvocato specialista in criminologia in clinica
Consulente della Conferenza Regionale Volontariato Giustizia
Parlare di “Garante delle persone detenute” sembra quasi un controsenso. Qualcuno sostiene che il vero garante di queste persone sia e debba essere l’Amministrazione Penitenziaria, nelle figure che la normativa vigente stabilisce. Le stesse affermano che istituire una figura super partes a tutela dei diritti dei detenuti sia un modo per sostenere che tali diritti non vengano rispettati e che le figure di cui sopra siano le prime a non rispettarle.
Costoro sostengono, ancora, che non sia necessaria una nuova figura per vigilare ciò che accade nei nostri penitenziari, bensì sia più opportuno potenziare maggiormente le figure istituzionali.
Io non la vedrei proprio così; preferisco pensare che attesa la situazione delle nostre carceri, caratterizzate da un sovraffollamento che nessun provvedimento di clemenza è stato in grado di risolvere, e potrà risolvere, sia veramente difficile per l’Amministrazione penitenziaria riuscire a controllare che effettivamente tutti i diritti siano rispettati.
La preoccupazione consiste intrinsecamente nella riduzione dell’autonomia dell’uomo che consegue allo stato di detenzione.
E’ evidente che la prima fonte di tutela dei diritti sia la Carta Costituzionale, ma è anche vero che da sola non basta a tutelare posizioni fortemente condizionate in ambienti ove è possibile che i diritti fondamentali non vengano accuratamente tutelati.
Il Consiglio d’Europa, nei cinquanta anni che sono trascorsi ha invitato gli Stati ad una crescente e sempre maggiore attenzione ai diritti dell’Uomo in quanto proclamati dalla Convenzione europea del 1950. Il fatto, dunque, che il Consiglio d’Europa abbia raccomandato, nel tempo, tale attenzione significa che ha rilevato la difficoltà di cui sopra e, soprattutto, la costante scarsa applicazione delle norme a tutela dei diritti umani.
Il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa è, come è noto, un’istituzione indipendente, nata nel 1997, che promuove la sensibilizzazione ed il rispetto dei diritti umani negli Stati del Consiglio. Fra i suoi obiettivi vi è quello di individuare eventuali carenze nel diritto e nelle prassi in materia e favorire la comunicazione e l’informazione in materia di diritti umani.
Queste premesse non intendono accendere il dibattito sui recenti fatti di cronaca. Spesso certe modalità di agire non sfociano in modo così drammatico, per cui restano silenti, ma lasciano comunque una traccia sensibile nei soggetti che attraversano i nostri istituti penitenziari. Queste premesse vogliono solo porre l’accento sulla necessità di dare corso alla istituzione di una figura realmente super partes che sia in grado, in quanto dotata dei poteri necessari, di risolvere conflittualità e garantire l’applicazione di diritti che sono sanciti, principalmente, dalla nostra Carta Costituzionale.
Ciò parte dalla esigibilità, oggi assai ridotta, di diritti e garanzie che deve essere affermata in modo inequivocabile nel corso della detenzione, che richiede una figura terza che si pone in una sorta di triangolazione tra “custodi” e custoditi” in modo da tutelare quei diritti che non vengono meno con l’applicazione di un’ordinanza di custodia cautelare o l’esecuzione di una pena detentiva a seguito di condanna passata in giudicato.
Questa figura è appunto il Garante delle persone private della libertà personale, che in alcuni paesi da tempo è presente senza suscitare il risentimento di alcuno, soprattutto di chi è deputato istituzionalmente a custodire.
Il bisogno nasce dalla risposta alla domanda inizialmente anticipata: ma esistono organi istituzionali a cui questo compito è demandato, per cui che bisogno c’è di creare una figura che, come vedremo comporta costi sociali nuovi? Come se non bastassero i soldi che si spendono quotidianamente per il mantenimento in carcere delle persone detenute?
Questa rischia di essere la perplessità della “gente comune”, ragion per cui si assiste allo scarso successo popolare che l’argomento carcere riscuote presso la stessa in generale, ma rischia di esserlo di più l’istituzione di una figura che appare soltanto infoltire la burocrazia statale.
La Magistratura di Sorveglianza dovrebbe essere l’organo più idoneo, almeno secondo l’opinione comune, a garantire l’applicazione dei diritti, ma tale modo di pensare non tiene conto di una serie di considerazioni tra le quali la più convincente risulta essere il fatto che, comunque, è titolare di una funzione giudicante e che aspira ad una identità di ruolo separato e di un’autonomia rispetto a quella che è la popolazione carceraria nei confronti della quale non è certo “terza”. Esercita, dunque, sicuramente un potere sul “corpo” del detenuto nonché sul di lui destino allorché applica in via provvisoria, o definitiva una misura alternativa, rispetto alla quale il condannato può sentirsi tradito nell’aspettativa. Quel potere discrezionale mal si concilia con la tutela dei diritti fondamentali dell’individuo, tra i quali non rientra certo la concessione di una misura alternativa.
Io credo – e penso di essere in buona compagnia – che l’istituzione della figura del garante delle persone private della libertà personale debba rispondere ad una logica di mediazione. La parola “mediazione” sembra andare tanto di moda in particolar modo nel nostro sistema giudiziario. Si parla di mediazione familiare, di mediazione dei conflitti nel campo della giustizia civile e di mediazione penale allorché si intenda intervenire nei processi, quanto meno quelli procedibili a querela della persona offesa.
Siamo all’interno di un contesto sociale tanto complesso da richiedere figure professionali sempre più preparate e formate da essere in grado disciogliere nodi aggrovigliati da anni di tensioni, che sfociano, poi, in procedimenti giudiziari se non in atti tragicamente violenti.
La situazione carceraria, sempre più alla deriva, non va esente da questo bisogno. Purtroppo è ancora molto estranea, come abbiamo visto, la società civile ai problemi carcerari, ad eccezion fatta di quel ristretto gruppo di persone che appartengono al terzo settore che fa propri valori troppo spesso dimenticati.
Allora vediamo come le funzioni del Garante possono riassumersi nella prevenzione dei conflitti all’interno dei luoghi di detenzione e la mediazione tra i diversi soggetti che in quei luoghi si trovano a passare parte del loro tempo e l’intera esistenza quotidiana; la costruzione di un rapporto triangolare tra l’Ufficio del Garante, la popolazione detenuta e l’amministrazione penitenziaria intesa nella sua interezza.
In questo senso quest’ultima è tenuta davvero a mettere in campo tutte le risorse, coinvolgendo gli enti pubblici.
Il ruolo del garante può essere definito come quello di utile mediazione e persuasione: termini che sono particolarmente pertinenti in quanto richiamano al ruolo di prevenzione del conflitto cui accennavo.
Il Garante si occupa, dunque, delle possibili segnalazioni che giungono, anche in via informale, e riguardano i diritti violati o a rischio. In questo caso il Garante si rivolge alle Autorità competenti per avere eventuali ulteriori informazioni e segnala ad esse il mancato o inadeguato rispetto di tali diritti.
L’interesse, perciò, è quello che tale Ufficio diventi una figura nazionale e, a cascata, sia istituito a livello Regionale proprio in ragione dei poteri che deve esercitare. La semplice figura a livello comunale non garantisce a sufficienza la funzione che gli è propria, caratterizzata dalla possibilità di effettuare accesi in carcere senza dover attendere l’autorizzazione della Direzione. Questa prerogativa spetta ai parlamentari ed a i Consiglieri Regionali.
A livello Comunale, qualora si intenda dare vita ad una figura di tal fatta, appare necessaria la stipulazione di apposite convenzioni, che garantisca al Garante comunale le stesse facoltà di cui dispongono i parlamentari ed i consiglieri regionali.
Il Garante svolge una funzione di filtro attraverso forme di tutela conciliativa che non sostituiscono, ma prevengono, quelle giurisdizionali. Si tratta di una sorta di conciliazione obbligatoria alla quale, se non sono soddisfatti gli interessi dei detenuti, può seguire la tutela giurisdizionale.
Non dimentichiamo, ad esempio che i problemi maggiormente lamentati sono quelli sanitari. In questo il caso il Garante potrebbe favorire la promozione e la tutela della salute. Il Garante potrebbe essere la figura che partecipa a quel difficile passaggio rappresentato il riordino della medicina penitenziaria che prevedeva il transito dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria al servizio Sanitario Nazionale, delle competenze in materia di assistenza sanitaria per la popolazione detenuta.
Allorché parliamo di risoluzione dei conflitti devo precisare come sia fondamentale che questa figura di mera garanzia e tutela non diventi una sorta di strumento di agitazione. Mediare non significa aizzare i conflitti prendendo le parti dei detenuti in modo acritico solo perché la funzione sembra imporlo. Una figura così caratterizzata rischia in breve tempo l’impopolarità, aumentando la diffidenza del contesto sociale nei confronti di una realtà tanto complessa come il carcere, ed all’interno del quale, invece, si vuole intervenire per favorire il processo di inclusione sociale.
La mediazione che invochiamo rappresenta sicuramente una funzione di prevenzione alla recidiva. La tutela dei diritti dei detenuti è una forma di “educazione alla legalità”che rischia” di ridurre fortemente il meccanismo della “porta girevole”.
Ma veniamo ad alcune riflessioni più specifiche sulla figura
Il Garante, per lo svolgimento delle proprie funzioni, si avvale di una struttura amministrativa istituita presso il Consiglio Regionale.
Si avvale di una consulta composta da due rappresentanti scelti dalle Istituzioni penitenziarie, da un rappresentante della Conferenza Regionale Volontariato e Giustizia, da un rappresentante delle associazioni dei detenuti, da un rappresentante delle associazioni per i diritti umani.
Si tratta di una proposta che parte dal Volontariato, vera anima dell’assistenza penitenziaria, che senza contrapporsi alle Istituzioni si pone come elemento di ausilio, a volte tollerato perché legalmente previsto, altre accolto con entusiasmo per sopperire a quelle esigenze più umane .
Ecco perché ritengo che debba fare parte integrante di un ufficio volto alla considerazione delle esigenze della popolazione detenuta, per poter portare istanze e visioni tipiche di chi scende tra di loro per raccogliere istanze problematiche.
In Liguria la Conferenza Regionale Volontariato e Giustizia è attiva da anni e raccoglie tutte le associazioni e, comunque, le realtà che svolgono attività di volontariato all’interno degli Istituti penitenziari. E’ un organismo che intende diffondere la cultura della solidarietà sociale nel campo della giustizia e dell’esecuzione penale, per favorire il reinserimento dei detenuti, con particolare attenzione al lavoro.
La consulta è presieduta dal garante e si riunisce almeno quattro volta l’anno con la funzione relazionare sull’andamento degli obiettivi e finalità previsti dalla presente legge.
Sulle funzioni …
Il Garante, per il conseguimento delle proprie finalità svolge le seguenti funzioni:
- assume ogni iniziativa volta ad assicurare che le misure restrittive adottate nei confronti delle persone di cui alla presente legge, siano attuate in conformità dei principi e delle norme stabilite dalla Costituzione, dalle Convenzioni internazionali sui diritti umani, dalle leggi dello Stato e dai regolamenti vigenti;
- assume ogni iniziativa volta ad assicurare che ai soggetti ristretti siano assicurare le prestazioni inerenti al diritto alla salute, all’istruzione, alla formazione professionale, al miglioramento della qualità della vita e ogni altra prestazione finalizzata al recupero, alla reintegrazione sociale e all’inserimento nel mondo del lavoro, anche avvalendosi del supporto delle risorse esistenti sul territorio;
- favorisce un rapporto di trasparenza tra le persone in stato di privazione o di limitazione della libertà personale e la Pubblica Amministrazione, in modo tale che i diritti di partecipazione secondo le modalità ed i limiti previsti nell’Ordinamento, siano garantiti
- segnala agli Organi Regionali eventuali fattori di rischio o di danno per le persone oggetto della presente legge, dei quali venga a conoscenza in qualsiasi forma, su indicazione sia dei soggetti interessati, sia di associazioni o organizzazioni non governative che svolgano un’attività inerente a quanto segnalato;
- Incontra i detenuti che ne facciano richiesta in ordine alle segnalazioni ricevute;
- favorisce la collaborazione della Regione, degli Enti e delle associazioni nello svolgimento delle attività lavorative, sportive, culturali, artistiche, ricreative, sociali, o comunque utili al reinserimento della persona
- interviene nei confronti dell’amministrazione regionale in caso di accertate omissioni o inosservanze rispetto a proprie competenze che compromettano l’erogazione delle prestazioni di cui sopra e, qualora dette omissioni o inosservanze perdurino, propone agli organi regionali titolari della vigilanza di intervenire;
- propone o realizza iniziative di informazione, di comunicazione e di sensibilizzazione della cittadinanza sui temi dei diritti e delle garanzie delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale anche attraverso il coinvolgimento dell’Università, della Scuola, delle Amministrazioni Penitenziarie e delle Associazioni rappresentative del volontariato del sociale, della Magistratura e dell’Avvocatura;
- in particolare favorisce la mediazione penale intesa quale momento di riparazione sociale e riflessione che agevoli il processo di inclusione, anche attraverso quei momenti di sensibilizzazione di cui al punto precedente;
- visita in condizioni di sicurezza gli Istituti penitenziari, gli istituti penali per i minorenni, i centri di permanenza temporanea per stranieri, le strutture per il trattamento sanitario obbligatorio, i posti di polizia, le caserme dei carabinieri e gli ospedali psichiatrici giudiziari incontrando liberamente i soggetti ivi reclusi;
- segnala, anche di propria iniziativa ai competenti organi e autorità regionali e statali e, ove necessario, internazionali, gli eventuali abusi, le disfunzioni, le carenze, i ritardi e le irregolarità nei confronti delle persone ristrette
… e sui poteri
Il Garante richiede alle amministrazioni penitenziarie le informazioni e la trasmissione dei documenti e degli atti che ritenga utili per l’esercizio del proprio mandato
Il Garante richiede l’intervento di tutela diretto laddove ravvisi limitazioni impedimenti o ostacoli incontrati nello svolgimento delle attività, previa segnalazione alle autorità competenti
Il Garante, di propria iniziativa o su segnalazione ricevuta, istruisce le pratiche relative a fatti rilevanti , nell’ambito della tutela dei diritti fondamentali, con ogni modalità che ritiene opportuna.
Qualora ravvisi che la segnalazione sia infondata, archivia la richiesta ricevuta con atto motivato.
Qualora invece evidenzi la fondatezza della segnalazione intima all’ufficio competente la risoluzione e, comunque, la rimozione dell’irregolarità nel termine di quindici giorni.
Qualora l’ufficio non provveda nel termine di cui sopra, il garante sollecita l’intervento delle competenti autorità e organismi nazionali e internazionali in modo da fornire alle persone alla persona la necessaria assistenza all’orientamento.
In tutti i casi in cui sia possibile e secondo le indicazioni, le rivelazioni ed i fatti a sia conoscenza, il Garante propone all’amministrazione competente la soluzione in via generale di questioni determinate o relative a singole persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale.
Il Garante ha la possibilità di sollecitare utili iniziative, nel settore penale e penitenziario, a singoli Assessorati evidenziando i bisogni e favorendo quegli interventi volti a realizzare il reinserimento sociale dei detenuti.
Il Garante regionale si coordinerà con i Garanti comunali, laddove esistenti.Il Garante partecipa ai tavoli interassessorili istituiti per promuovere il miglioramento della condizione carceraria, con particolare attenzione allo sviluppo delle risorse che favoriscono le misure alternative alla detenzione, al trattamento inframurario, alla partecipazione della cittadinanza al processo di inclusione sociale, al volontariato penitenziario.
Il Garante sollecita gli Enti locali alla promozione delle iniziative che favoriscono l’accesso al lavoro e la tutela della salute di persone in esecuzione penale e la formazione professionale.
L’avvocato
E’ ancora poco chiaro come la figura del difensore possa intervenire in questo meccanismo di tutela che vede una triangolazione naturale. Certo è che l’avvocato, il cui compito è quello di tutelare ad oltranza il proprio assistito utilizzando i mezzi giurisdizionali che l’ordinamento mette a sua disposizione, potrebbe contare su un nuovo interlocutore.
A mio avviso potrebbe interagire con il Garante in modo da segnalare quelle eventuali violazioni che non trovano spazio o rischiano di essere sottovalutate nei tradizionali contesti giudiziari.
Se realmente il difensore potesse contare su questo canale, il detenuto potrebbe aver maggiore attenzione alla violazione dei propri diritti, non vivendo quella frustrazione che potrebbe derivare da risposte che, inevitabilmente, tardano ad arrivare.