Stati Generali sull’esecuzione delle pene: lavoriamo per non disperdere il lavoro fatto
Riportiamo le osservazioni di Ornella Favero, nuova Presidente della Conferenza di Volontariato e Giustizia, sugli Stati Generali sull’esecuzione delle pene tratti dalla rassegna stampa “Ristretti Orizzonti” del 23 novembre 2015.
Faccio parte del Tavolo 2 degli Stati Generali (Vita detentiva. Responsabilizzazione, circuiti e sicurezza) e ora che stiamo arrivando alla fine dei lavori voglio provare a fare un bilancio, a partire dalla mia esperienza personale per arrivare poi a una riflessione sul ruolo che ha avuto e potrà avere il Volontariato. Gli inizi di questa complessa avventura sono stati difficili, e alcune scelte organizzative discutibili. Quindi vorrei partire da quello che secondo me non ha funzionato, per poi analizzare anche tutto quello, ed è molto, che è stato utile e arricchente. E pensare a produrre delle idee perché il lavoro fatto non resti sulla carta, come succede spesso nel nostro Paese, che ha visto lavorare, spesso egregiamente, tante commissioni di studio (pensiamo anche solo alla riforma del Codice penale) che poi hanno prodotto proposte rimaste del tutto inutilizzate.
Quello che, a mio avviso, non ha funzionato
– Una assistente sociale dell’Uepe di Roma, Michela Boazzelli, in una garbata e intelligente critica agli Stati Generali, ha affermato: “Ma a parlare di misure alternative e carcere agli Stati Generali non devono essere solo magistrati, direttori di istituti penitenziari, dirigenti e volontari: gli assistenti sociali sono esperti professionisti del settore e ritengono che non si possa organizzare il nuovo senza tenere conto della base”. È una semplice verità, questa: la scelta dei componenti dei Tavoli non ha sempre tenuto conto della necessità di coinvolgere persone competenti, ma anche rappresentative di professionalità e di ruoli precisi. Questo vale per gli assistenti sociali, e vale però anche per il Volontariato, che ha vari operatori all’interno dei Tavoli, che partecipano ai lavori “in ordine sparso” rappresentando solo se stessi e l’associazione a cui appartengono. E questo è stato per noi volontari un po’ un ritorno al passato, a prima che si costituisse la Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, nata proprio per dare spazi di confronto e obiettivi chiari a tutte quelle migliaia di volontari che ogni giorno entrano nelle carceri e si occupano sul territorio del reinserimento delle persone detenute. Ci sarebbe piaciuto allora essere coinvolti come Conferenza, e poter decidere noi le persone in grado di dare un contributo ai diversi Tavoli, ma così non è andata. – Le persone detenute sono state ascoltate in “ordine sparso”, su iniziativa dei singoli Tavoli. Eppure, ci sono realtà dove le persone detenute sono direttamente protagoniste di un profondo lavoro di studio e di elaborazione sui temi delle pene e del carcere, e avrebbero potuto avere un ruolo più attivo e più significativo, visto che l’esecuzione delle pene è materia “incandescente” che riguarda prima di tutto le loro vite. Ma è anche vero che non esistono forme di rappresentanza significative, e questo è diventato, su mia sollecitazione, un tema importante del Tavolo 2 sulla vita detentiva e la responsabilizzazione. – Non è chiaro che ne sarà di quello che i Tavoli hanno prodotto, e come avverrà il confronto nella società. Per ora la diffusione dei materiali è limitata e riguarda a fatica gli addetti ai lavori, e il confronto appare difficile anche con loro. Pensare allora di “parlare alla società”, nel clima di diffusa paura di questi ultimi mesi, senza coinvolgere il Volontariato, le persone detenute, gli operatori penitenziari sarebbe un errore davvero imperdonabile, ma speriamo che questo non avverrà, e siamo pronti a dare il nostro contributo perché non avvenga.
Quello che potrebbe fare il Volontariato
Sono abituata, anche nel mio lavoro a Ristretti Orizzonti, e in particolare proprio nelle iniziative che hanno successo, ad analizzare spietatamente gli aspetti critici, e ad andare a fondo di quello che non ha funzionato, quindi ho fatto lo stesso per gli Stati generali, ma dopo le critiche voglio anche aggiungere che il lavoro nei Tavoli è stato importante e in certi casi appassionante, e ha permesso di ragionare finalmente sui temi che riguardano l’esecuzione delle pene con il respiro ampio del cambiamento culturale, che oggi è più che mai necessario. Se vogliamo davvero che il dibattito sulle pene e sul carcere si sposti però dagli “esperti” alla società, tutte le associazioni che fanno parte della CNVG devono farsi carico di discutere, e se necessario fare formazione (da parte mia mi rendo disponibile a partecipare a percorsi di formazione organizzati su questi temi), sui contenuti che emergeranno dai lavori dei tavoli, e di essere presenti soprattutto negli ambiti che segnalo: – ci sono temi cruciali per la vita dei detenuti e delle loro famiglie, sui quali i Tavoli hanno lavorato ed elaborato proposte, in particolare il tema della qualità della vita detentiva e della responsabilizzazione dei detenuti, gli affetti, il diritto alla salute, i percorsi di reinserimento con le misure alternative, la mediazione penale, la “pena di morte nascosta” dell’ergastolo (con la speranza che l’articolo 4 bis venga modificato, e non ci sia più nessuno escluso a priori da un possibile reinserimento nella società). Le associazioni che fanno parte della CNVG devono portare la loro esperienza in materia e rafforzare le nostre battaglie (per esempio a tutela degli affetti) analizzando le proposte emerse dagli Stati Generali e, se condivise, dando loro, quando possibile, le “gambe” delle migliaia di volontari coinvolti nell’esecuzione delle pene; – il Ministro Orlando ha dichiarato “La nostra ambiziosa scommessa è che attraverso gli Stati generali su questi temi si apra un dibattito che coinvolga l’opinione pubblica e la società italiana nel suo complesso”. Ma il dibattito non può aprirsi semplicemente mandando gli esperti a parlare “in giro per la società”. Anche su questo terreno il Volontariato può dire delle parole nuove, dal momento che tante associazioni ogni anno, nel progetto “A scuola di libertà”, incontrano in carcere e nelle scuole migliaia di studenti, e organizzano un lavoro di sensibilizzazione sulle pene e sul carcere nelle università, nei quartieri, nelle parrocchie. E attraverso queste esperienze hanno imparato a parlare “alla testa e al cuore” dei cittadini anche in tempi in cui la paura rende tutto più drammaticamente complicato; – come presidente della CNVG, che proviene da un’esperienza consolidata di attività di informazione dal carcere e sul carcere, tra i miei obiettivi c’è un’attenzione nuova all’informazione anche da parte del Volontariato, con l’idea di diventare fonte di informazione privilegiata per i giornalisti, di organizzare per loro iniziative del tipo di seminari di formazione sull’esecuzione della pena e di scardinare tanti luoghi comuni come la creazione del “mostro”, l’idea della custodia cautelare intesa come carcerazione preventiva, i presunti automatismi nella concessione delle misure alternative, gli slogan come “buttare la chiave” e “lasciarli marcire in galera” in nome di una presunta sicurezza.
Sono obiettivi complessi (e del resto siamo abituati a lavorare nella complessità, nulla di ciò che riguarda le pene e il carcere è semplice), che richiedono prima di tutto una crescita culturale del Volontariato stesso, e soprattutto un superamento della logica della “competizione sul mercato del bene”, ma voglio sperare che gli Stati Generali siano per tutti noi uno stimolo a imparare a lavorare insieme, valorizzando il confronto e accettando i nostri limiti e le nostre diversità. Per questo chiedo per prima cosa alle Associazioni di analizzare attentamente le conclusioni dei 18 Tavoli, che saranno presto disponibili, e di mandare riflessioni e domande all’indirizzo della CNVG, per cominciare a contribuire costruttivamente al dibattito sulle pene e sul carcere, che deve aprirsi nella società. |