Le misure alternative al carcere e la riforma
LE MISURE ALTERNATIVE AL CARCERE E LA RIFORMA DEL SISTEMA DELLE PENE
La Camera ha definitivamente approvato la legge sulle misure alternative al carcere e di riforma del sistema sanzionatorio, conosciuta come “messa alla prova”. Il provvedimento prevede importanti misure di carattere strutturale e di sistema, dunque durature e con chiari tratti di innovazione, per ridurre il problema del sovraffollamento carcerario, fornendo però, al contempo, strumenti nuovi e migliorie complessive alla macchina giudiziaria, anche in termini di velocizzazione dei tempi.
Con l’approvazione di questo provvedimento, il Parlamento accoglie, inoltre, il forte richiamo del Presidente Napolitano ad affrontare il tema ormai ineludibile della drammatica situazione carceraria. Riportando con forza al centro del dibattito un ripensamento del sistema delle pene, si dà anche attuazione alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo dell’8 gennaio 2013, diventata definitiva il 27 maggio 2013, che ha condannato il nostro Paese per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo in relazione alle condizioni di vita carceraria, ritenute “trattamento inumano e degradante”. L’Europa ha più volte esortato il nostro Paese ad un uso maggiore e più articolato dello strumento delle misure alternative al carcere sempre rimanendo, ovviamente, nel solco del rispetto dei diritti delle vittime e della certezza della pena. L’Italia entro il 27 maggio 2014 è tenuta ad introdurre “un ricorso o un insieme di ricorsi interni idonei ad offrire un ristoro adeguato e sufficiente per i casi di sovraffollamento carcerario, in conformità ai principi stabiliti dalla giurisprudenza della Corte”.
A rendere ancora più urgente l’approvazione della legge è stato anche l’ulteriore richiamo da parte del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa che, con nota del 7 marzo 2014, ha stabilito che “le misure prese finora dall’Italia contro il sovraffollamento delle carceri sono insufficienti (…) in quanto il rimedio preso in considerazione sinora per risolvere il sovraffollamento nelle carceri è unicamente compensatorio e utilizzabile solo in casi limitati”. Il Comitato ha quindi invitato le autorità italiane a pensare ad altre misure anche preventive e a presentare un piano dettagliato che contenga non solo i tempi della messa in atto degli interventi ma anche i dati necessari per comprendere se le misure adottate sono efficaci. Se le misure prese non dovessero essere ritenute sufficienti, a maggio l’Italia dovrà pagare una maxi multa ai quasi 67mila detenuti, per violazione dei diritti umani.
L’Iter
Il provvedimento approvato definitivamente dalla Camera ripropone sostanzialmente il testo del disegno di legge del Governo Monti (AC 5019-bis), approvato nella scorsa legislatura dalla sola Camera (4 dicembre 2012). Dopo l’approvazione in prima lettura alla Camera, il testo (A.C. 331-927-B) è stato parzialmente modificato dal Senato.
La legge si compone di 16 articoli. Non tutte le norme però saranno immediatamente applicabili, domiciliari e depenalizzazione dovranno infatti passare attraverso una delega.
Per ulteriori approfondimenti consultare anche il dossier n. 10 “Il sovraffollamento carcerario: le misure alternative al carcere” e i dossier del Servizio Studi della Camera dei deputati.
LE NOVITÀ DELLA LEGGE
La legge introduce tre rimedi strutturali per porre rimedio al sovraffollamento carcerario, ispirandosi al criterio di ridurre l’incidenza della pena carceraria per la fascia più bassa della criminalità, ponendo le basi e le condizioni sistemiche per rimediare al sovraffollamento carcerario senza indebolire la risposta sanzionatoria o rinunciare alla concreta irrogazione della pena:
1. l’introduzione nel nostro ordinamento di meccanismi di probation (messa alla prova);
2. la previsione di pene detentive non carcerarie;
3. la depenalizzazione di un’ampia categoria di reati.
La legge delinea, quindi, un nuovo sistema dove il carcere potrà mantenere la sua centralità solo per i reati più gravi e vi sarà una più giusta proporzione tra pena, bene violato e pericolosità sociale. Un sistema che sia fermo e intransigente nella tutela dei cittadini e della sicurezza collettiva e proprio per questo sappia dare spazio e legittimazione alle misure alternative e di recupero sociale.
I PUNTI FONDAMENTALI DELLA RIFORMA
LA DELEGA AL GOVERNO
Domiciliari – La delega prevede la revisione del sistema delle pene principali: ergastolo, reclusione, reclusione domiciliare, arresto domiciliare, multa e ammenda. Nel codice penale entra, quindi, a pieno titolo la pena detentiva non carceraria, ossia reclusione o arresto presso l’abitazione. Secondo la delega, i domiciliari dovranno diventare pena principale da applicare in automatico a tutte le contravvenzioni attualmente colpite da arresto e a tutti i delitti il cui massimo edittale è fino a 3 anni. Se la reclusione va da 3 a 5 anni, sarà il giudice a decidere a sua discrezione. Sono previste forme di controllo anche mediante il cosiddetto braccialetto elettronico e sono esclusi dalle pene detentive non carcerarie i delinquenti abituali, professionali e per tendenza. La detenzione non carceraria può avere durata continuativa o per singoli giorni settimanali o fasce orarie. A tutela della vittima, i domiciliari possono sempre essere sostituiti con il carcere in caso di domicilio non idoneo ad assicurare la custodia del condannato, in caso di comportamento incompatibile con la prosecuzione dei domiciliari e in caso di commissione di altro reato.
Lavori di pubblica utilità – Per i reati attualmente puniti con l’arresto o con la reclusione fino a 5 anni, il giudice potrà, sentito l’imputato e il PM, applicare anche la sanzione del lavoro di pubblica utilità. Il lavoro di pubblica utilità dovrà avere una durata minima di 10 giorni. L’attività, non retribuita e svolta a beneficio della collettività, potrà essere svolta presso lo Stato, le regioni, gli enti locali o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e volontariato: nel caso di reati per cui è prevista la detenzione domiciliare, il giudice può affiancare alla condanna anche la sanzione del lavoro di pubblica utilità.
Particolare tenuità del fatto – La delega prevede che sia esclusa la punibilità delle condotte attualmente punite con la sola pena pecuniaria (ammenda o multa) o con la detenzione non superiore nel massimo a 5 anni nel caso di particolare tenuità dell’offesa e non abitualità del comportamento. Si può comunque chiedere il risarcimento del danno in sede civile.
Depenalizzazione ragionata – Prevista una delega al Governo per la derubricazione a illecito amministrativo di una serie di reati. La depenalizzazione riguarda tutte le infrazioni attualmente punite con la sola multa o ammenda e altre specifiche fattispecie come ad esempio in materia di atti e spettacoli osceni, abuso della credulità popolare, rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive, disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali fino a 10mila euro. Sono esclusi dalla depenalizzazione tutti reati relativi a: edilizia e urbanistica, territorio e paesaggio, alimenti e bevande, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, sicurezza pubblica, gioco d’azzardo e scommesse, materia elettorale e finanziamento dei partiti, armi ed esplosivi, proprietà intellettuale e industriale.
Reato di immigrazione clandestina – Tra i reati per i quali si prevede la depenalizzazione c’è quello di immigrazione clandestina (art. 10-bis del TU immigrazione “Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato”) introdotto dal Pacchetto Sicurezza (Maroni) del 2009 (legge 94/2009). Resterà tuttavia penalmente sanzionabile il reingresso in violazione di un provvedimento di espulsione.
NORME IMMEDIATAMENTE APPLICABILI
Introduzione dell’istituto della sospensione del processo con messa alla prova (Probation) – Si tratta di un istituto da tempo sperimentato con successo nel processo minorile, che ora troverà applicazione anche per gli adulti. Per reati puniti con reclusione fino a 4 anni o pena pecuniaria o per i quali è prevista la citazione diretta a giudizio, l’imputato può chiedere la sospensione del processo con messa alla prova. La misura può consistere in condotte riparatorie o risarcitorie, altresì nell’affidamento al servizio sociale. La concessione della messa alla prova è inoltre subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utilità. Se l’esito è positivo, il reato si estingue. In caso di trasgressione del programma di trattamento, ovvero di rifiuto alla prestazione del lavoro di pubblica utilità o nuovi delitti scatta la revoca e si prosegue con il procedimento penale. Durante il periodo di prova la prescrizione è sospesa. La sospensione può essere concessa all’imputato per una sola volta e non si applica comunque ai delinquenti e contravventori abituali, professionali e ai delinquenti per tendenza. Nel valutare la concessione della messa alla prova il giudice (che deve sentire le parti ed eventualmente l’imputato), valutata la gravità del reato, decide in base innanzitutto alla mancanza di presupposti per il proscioglimento dell’imputato e in base ad una valutazione positiva sull’idoneità del programma di trattamento presentato e alla previsione che l’imputato non commetterà altri reati (sulla base anche dell’idoneità del domicilio indicato ad assicurare la tutela della vittima).
Scompare la contumacia – Se l’imputato (dopo un primo tentativo di notifica) è irreperibile, il giudice sospende il processo potendo però acquisire le prove non rinviabili. Alla scadenza di un anno, e per ogni anno successivo, dispone nuove ricerche dell’imputato. Finché dura l’assenza, è comunque sospesa la prescrizione. Se le ricerche invece hanno buon esito, il giudice fissa una nuova udienza dando corso al processo. L’imputato può chiedere il giudizio abbreviato o il patteggiamento.